IAEV - Paolo Fiorindo - Rosso Carillon

Rosso Carillon

Una ingenua, essenziale preghiera di strada, una stella soffocata in pieno inverno, una nostalgica ballata in blue jeans e camicia; e poi, di notte, il cancello aperto di un cimitero che resuscita in versi la più struggente e gelida immagine.
Un velo nero come maschera servirà, quando dovrai giocartela con la morte bambina che bussa alla tua porta di casa? E la racconti ancora quella del fiore senza futuro appena sbocciato dentro ad una crepa dell’asfalto? È riuscito poi l’Arlecchino tecno-punk a liberarsi dalle spire della lucciola quindicenne? E quel carillon rosso fuoco, per chi suonerà stavolta la sua metallica marcia funebre? Perché sei passato col rosso, cosa sono quei frammenti di specchio che porti sul cuore? Chi è l’angelo dei fossi, e quel pazzo mendicante, gira ancora o è morto davvero? La giostra degli amanti del dì di festa s’è fermata o no? A chi l’hai dedicata quella ninna nanna scritta intingendo il pennino nel miele? Perché adesso non parli più e mandi cassette con la tua voce registrata? È stata forse una meteora a bucarti il cervello? E perché rovini tutto sprecando la tua verve in stupide oscenità?
Con ormai un milione di chilometri alle spalle, continua l’avventura di un apprendista poeta d’autostrada che vorrebbe tanto fermarsi ma che, infatuato da nuove righe d’asfalto, non si è ancora rassegnato a lasciar perdere le tante, troppe strade che portano indietro. Vetri e olio sull’asfalto, cadaveri straziati e lamiere contorte, doppi sensi, semafori veri e inventati: piccole storie crude bagnate di brina, bruciate dal sole, inzuppate di pioggia, imprigionate nel ghiaccio o scomparse per sempre, nella nebbia, al di là di una interminabile barriera di cemento armato.
Una sfida incosciente al grido soffocato di Madre Sole a cui stanno, ormai, scoppiando le viscere.